Professione poker: quali abilità dobbiamo sviluppare per diventare degli abili giocatori?
Gambling, che passione. Di giochi di carte ne esistono a migliaia, e sebbene tutti possano in teoria prestarsi ad un’interpretazione “d’azzardo”, ce ne sono alcuni in particolare che hanno negli anni tenuto banco nel mondo del gambling. Punte di diamante in un reame pressoché sconfinato di possibili giochi, sono sicuramente il poker ed il blackjack. Di origini molto diverse fra loro, questi due giochi rappresentano, in un certo senso, l’essenza stessa del gioco d’azzardo, tanto da essere gli unici presenti in virtualmente qualsiasi casinò, sia esso online o fisico. E se il blackjack riesce ad esercitare un certo fascino su molti giocatori, ammaliati dall’idea di poter un giorno “sbancare” un casinò contando le carte, il poker riesce ad incarnare i valori della competizione e della strategia tanto cari a molti gambler. In questo articolo andremo a rispondere alla seguente domanda: il poker è un gioco per tutti? E’ davvero possibile diventare dei giocatori professionisti tramite l’allenamento? E quali abilità devono essere sviluppate?
Poker: precetti generali
Il poker è forse il gioco di carte più famoso al mondo. Nonostante la versione originale fosse quella a 5 carte, negli ultimi decenni la variante Texana (Texas Hold’em) si è ritagliata un posto in primissimo piano nelle competizioni mondiali, che riconoscono in questa disciplina la punta di diamante dei tornei di poker. Mentre nella versione classica a 5 carte ogni giocatore può fare affidamento solo sulle carte servite a lui direttamente dal dealer, nella variante Texana ogni giocatore ha solamente 2 carte, che dovrà combinare con le 5 scoperte sul tavolo, a disposizione di ogni player seduto al tavolo, per mettere insieme il punto più alto possibile.
Il poker è solamente fortuna?
Rimanendo seduti al tavolo da poker per un lasso di tempo sufficientemente ampio, non mancherà occasione di sentire qualche commento (sovente, come un velato “gesto di stizza”) sul reale impatto della bravura nel poker e l’importanza della fortuna. Il più vecchio e famoso degli adagi asserisce che “se le carte non girano, non c’è niente da fare!”, ma non è un caso se i giocatori di poker più bravi vengano spesso “accusati” di essere oltremodo fortunati. In realtà, a dare l’impressione che la dea bendata abbia un particolare debole per un giocatore, possono contribuire diversi fattori ed abilità, in larghissima parte allenabili e migliorabili. Di seguito, ne citiamo alcuni.
Numeri e statistiche
Avete mai visto una tabella con le possibilità (espresse in percentuali) che ogni possibile mano ha di vincere, nel Texas Hold’em? Ebbene, ogni giocatori professionista la conosce a memoria. Uno degli errori che accomuna la maggior parte dei giocatori alle prime armi, è infatti la tendenza a giocare un numero di mani notevolmente superiore rispetto a quello dei professionisti. Le accoppiate che presentano un reale vantaggio statistico non sono che una manciata, e specialmente nel primo giro di puntate, quando non si può contare che sulle due carte servite dal dealer, è importante non cedere alla tentazione di giocare solamente per il gusto di farlo.
Ma se molti giocatori professionisti si fermano al primo giro di puntate, le statistiche possono essere molto utili anche una volta calate le prime tre carte sul tavolo. Quella possibilità di scala ad incastro che state già pregustando, vale il 25% delle vostre chip, che un altro giocatore al tavolo ha appena rilanciato? Quante sono le possibilità che con 4 carte dello stesso seme al flop ne esca almeno un’altra, in modo da poter completare il colore? Perché molto spesso è meglio lasciare sul piatto la possibilità di una scala, ma a volte anche una sola coppia può rappresentare un solido punto?
La gestione emotiva
Il poker è un gioco che premia i pazienti. Una disciplina che strizza l’occhio all’arte nonostante si presti a degli studi scientifici, ma molto lontana dall’essere “risolta”. I giocatori professionisti hanno solitamente migliaia e migliaia di ore ai tavoli alle spalle, e hanno sviluppato le loro abilità attraverso interminabili sedute che non solo hanno permesso loro di padroneggiare ogni aspetto statistico della materia, ma anche allenare la componente emotiva.
Avidità, paura, avversione per la perdita, voglia di rivincita. Al tavolo da poker, qualsiasi emozione è in realtà una scomoda nonché pericolosa compagna di giochi. Qualsiasi interferenza mentale o emotiva, che vada a “sporcare” la visione neutra essenziale per valutare correttamente le nostre possibilità in ogni dato momento, le diminuisce enormemente. Un giocatore di poker è chiamato a dominare le proprie emozioni, a prescindere dalla loro entità. La paura di lasciarsi sfuggire una buona occasione, potrebbe portarci a scommettere una buona porzione delle nostre chip anche in un momento in cui la statistica suggerirebbe altrimenti. Viceversa, l’avversione per la perdita potrebbe portarci a “foldare” una mano che in realtà avrebbe delle buone possibilità.
Il gioco come forma di allenamento
Le abilità necessarie a diventare un buon giocatore di poker, sono interamente allenabili. In particolare, per “padroneggiare” la parte statistica non si dovrà fare altro che consultare le probabilità di ogni mano ad ogni passaggio del gioco, via via che si farà pratica. In realtà, si scoprirà presto come il poker, sotto questo punto di vista, sia un gioco estremamente ripetitivo, e come le probabilità di mano diverse tendano ad assomigliarsi. Nel tempo, sarà inoltre possibile allenare le proprie capacità di gestione emotiva, e imparare a sottrarre qualsiasi tipo di interferenza dai nostri calcoli. Insomma, la chiavi di un buon allenamento risiede nella pratica. Come abbiamo detto pochi paragrafi fa, il poker è un gioco che premia i pazienti. Ma non solo chi lo è al tavolo, ma anche nella preparazione!